Domenico Beccafumi Deucalione e Pirra, 1520 ca., olio su tavola
L’opera è da interpretare come fronte di cassone o come spalliera da camera nuziale, come indica anche il soggetto narrato, tratto dalle Metamorfosi di Ovidio e assolutamente confacente ad esaltare il ruolo della coppia in funzione della fondazione di una nuova stirpe.
A seguito del terribile diluvio voluto da Giove per eliminare la stirpe umana ormai degenerata, gli unici due superstiti furono Deucalione e sua moglie Pirra, ancora non corrotti e pii. Il padre di Deucalione, Prometeo, gli consigliò di costruirsi un’arca in cui rifugiarsi e in cui navigarono per ben nove giorni. Una volta placatasi la tempesta e ritiratesi le acque, i due si accorsero di essere gli unici supersititi. Consultarono allora un oracolo, che suggerì loro di gettarsi dietro le spalle le “ossa della grande madre”, dopo essersi velati il capo; Deucalione capì che l’oracolo si riferiva alle pietre della terra. I due fecero come gli era stato detto: dalle pietre gettate da Deucalione nacquero gli uomini, da quelle lanciate da Pirra le donne: fu così creata una nuova razza umana.